Le necropoli, chiamate anche Città dei Morti, sono un agglomerato di tombe spesso disposte in modo disordinato, ma talvolta integrate in un complesso di tipo urbanistico; sono differenti a seconda delle epoche, delle civiltà e delle credenze religiose dei popoli che hanno influenzato la tipologia cimiteriale.
Tra le più conosciute e visitate vi sono la Necropoli del Crocefisso del Tufo e Cannicella (a Orvieto), la Necropoli di Pianezze (a Grotte di Castro), la Necropoli di Monterozzi (a Tarquinia) e i siti archeologici di Dometaia e Le Ville (a Colle Val d’Elsa).
La Necropoli del Crocefisso del Tufo si trova alla base della rupe di Orvieto, vicino alla chiesa omonima che ha dato il nome alla zona; molto del materiale proveniente da quella necropoli è esposto presso il Museo Claudio Faina di Orvieto. Consiste in un agglomerato di circa settanta piccole tombe molto simili per forma e dimensioni, realizzate in mattoni di tufo.
Alcune di queste tombe sono visitabili, sono piccole e strette – le misure sono circa 3 metri per 2 metri – e vi si accede tramite dei gradini che scendono; all’interno si trovano arcaiche scaffalature atte a contenere i corredi (per lo più utensili e oggetti che si credeva fossero utili al defunto: lance da caccia e da guerra, vasellame, specchietti e monili) ed i defunti stessi.
Diametralmente opposta è sita la Necropoli di Cannicella, famosa per il ritrovamento di una statua di origine greca che ritrae una donna nuda, molto simile a Venere.
A pochi chilometri da Grotte di Castro sorge la Necropoli di Pianezze che si sviluppa lungo il costone tufaceo di una collina prospicente il fosso denominato Fiume Largo; le tombe mostrano un’evidente differenza tra l’esterno (realizzato con cura) e l’interno (in cui il solo vano di accesso presenta un’accurata esecuzione) in contrasto con la sommaria realizzazione delle camere secondarie. Le tombe vanno attribuite a famiglie dalle buone possibilità economiche.
Presso Tarquinia si estende la Necropoli dei Monterozzi, patrimonio UNESCO dal 2004, considerata la più antica e la più ricca in ragione di esperienza artistica: tra le sue oltre seimila sepolture si contano almeno duecento tombe affrescate. Le pareti sono dipinte con scene a carattere magico-religioso con raffigurazioni di banchetti funebri, danzatori e suonatori ma anche demoni e divinità.
Tra i sepolcri più interessanti si annoverano le tombe che vengono denominate del Guerriero, della Caccia e della Pesca, delle Leonesse, degli Auguri, dei Giocolieri, dei Leopardi, dei Festoni, del Barone, dell’Orco e degli Scudi. Parte dei dipinti, staccati da alcune tombe allo scopo di preservarli (tomba delle Bighe, del Triclinio, del Letto Funebre e della Nave), sono custoditi nel Museo Nazionale Etrusco di Tarquinia; altri sono visibili direttamente sulla parete su cui furono realizzati.
La necropoli etrusca di Dometaia era conosciuta fin dal XIX secolo ma solo nel XX secolo si sono approfonditi gli scavi e le opere di ripulitura e ripristino; molte delle sepolture infatti erano state violate e depredate. I restanti oggetti sono esposti presso il Museo Archeologico Nazionale a Siena e al Museo Archeologico Ranuccio Bianchi Bandinelli a Colle Val d’Elsa che ospita anche i reperti recuperati nella necropoli presso l’agglomerato urbano Le Ville.